Teatro

Teatro: Il mesto addio della stagione operistica romana

Teatro: Il mesto addio della stagione operistica romana

Una sonnolenta “Sonnambula” ha chiuso giovedìuna delle peggiori stagioni del teatro dell’Opera di Roma. Che quest’anno ha dato il peggio di sé sia a livello di cartellone sia a livello di disagi per gli abbonati. Sale da anni un comune grido di dolore: “ridateci le tradizionali stagioni in cui si vedevano solo opere e non ci prendete più per il culo con i balletti e con le trovate varie”. E’ una storia questa che va avanti da anni, da quando Rutelli fece ristrutturre il teatro per il Giubileo in maniera così pedestre che per ricavare una fila in più in galleria gli abbonati hanno dovuto rimetterci in termini di circolazione degli arti inferiori. E veniamo all’altro problema che sta convincendo molti abbonati a non esserlo più: si sta scomodi e la temperatura è sempre mal dosata, di solito troppo calda in primavera ed estate e troppo fredda a fine autunno e in inverno. Come ieri sera dove oltre ad affliggere gli spettatori con un’esecuzione della “Sonnambula” che era così lenta da far venire sonno, hanno pensato bene di torturarla anche con il freddo. Se chi ben comincia è a metà dell’0pera, chi finisce così porta gli osservatori a chiedersi perché mai Veltroni abbia presentato in pompa magna due giorni fa una nuova stagione che per gli abbonati si preannuncia da incubo. Una cosa è dire si farà il “Tristan und Isolde” un’altra è vedere come lo faranno il giorno della prima. E questo vale per tutto quello che è in cartellone, dannati balletti compresi. Ieri ho sentito gente minacciare di non rinnovare l’abbonamento e si tratta di persone del loggione che sono lì da anni. Peraltro ogni giorno che Dio manda in terra la stagione operistica romana viene anche presa in giro anche dall’inimitabile duo Suozzo-Stinchelli de “la Barcaccia” su Radio tre alle 13. Però la svolta non arriva mai e Veltroni continua a venderci stagione dopo stagione semplice fumo negli occhi. Facendosi bello con il nulla assoluto. Non parliamo delle maestranze: si lamentano tanto, e organizzano “requiem” simbolici aperti a tutti (come a dire così ci farà morire il perfido premier) e manifestazioni grottesche contro i tagli del governo ai teatri lirici ma come professionalità siamo ormai prossimi allo zero. E ieri il commento della gente era questo: “se i soldi li usano così, ben vengano i tagli”. Che dobbiamo fare perché il programma e il teatro dell’Opera di Roma stesso valgano finalmente il prezzo dell’abbonamento?